Mutazioni del gene FA2H, in corso tre progetti per conoscerle meglio

Anche i due figli di una generosa coppia calabrese, affetti da paraparesi spastica ereditaria SPG35, prenderanno parte a uno di questi progetti

Reggio Calabria – La neurodegenerazione associata alla idrossilasi degli acidi grassi (FAHN) è causata da una mutazione del gene FA2H, coinvolto, appunto, nel metabolismo degli acidi grassi. Al momento, pochissime famiglie sono state identificate come affette da questa malattia. L’esordio è di solito nell’infanzia, con distonia degli arti inferiori, ipostenia e cadute; i pazienti vanno incontro anche ad atrofia ottica, atrofia cerebellare profonda e alterazioni della sostanza bianca encefalica in associazione all’accumulo cerebrale di ferro, e con il progredire della malattia si possono manifestare disabilità intellettiva ed epilessia. Le mutazioni del gene FA2H compromettono la funzione dell’omonimo enzima (FA2H), causando la formazione di mielina anomala, e sono ereditate in maniera autosomica recessiva: ciò vuol dire che se due genitori presentano ognuno una copia del gene FA2H mutato (portatori sani della malattia), hanno il 25% di probabilità di generare un figlio malato, ossia che erediti entrambe le copie anormali del gene dai suoi genitori.

La statistica, purtroppo, non ha premiato una giovane famiglia di Reggio Calabria: Antonio Alvaro e sua moglie Concetta hanno avuto tre figli, e due di loro sono nati con la paraparesi spastica ereditaria SPG35, causata da una mutazione nel gene FA2H. Natale ha 20 anni e Maria Chiara 8: un anno fa O.Ma.R. aveva raccontato la loro storia, quella di una diagnosi arrivata dopo 13 anni grazie al lavoro di revisione dei ‘cold case’ effettuato nel laboratorio di Genetica del “Besta” di Milano, diretto dal prof. Franco Taroni. In particolare, dalla diagnosi di Natale, fu possibile avere la conferma che anche Maria Chiara, la quale all’epoca iniziava a manifestare i primi sintomi, era affetta dalla stessa malattia.

Oggi, grazie a un accordo fra la dr.ssa Manuela Priolo, dell’Unità Operativa di Genetica Medica dell’A.O. “Bianchi-Melacrino-Morelli” di Reggio Calabria e la Fondazione IRCCS Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano, per i parenti di Natale e Maria Chiara sarà possibile sottoporsi a un test genetico con un semplice prelievo di sangue, senza doversi recare a Milano. “Siamo una famiglia numerosa, nella quale c’è molta consanguineità”, ha spiegato il padre dei bambini, Antonio Alvaro. “Perciò tutti i nostri familiari che progettano una gravidanza potranno fare questo esame a Reggio Calabria: i campioni saranno inviati al Besta (che ha ricostruito tutto il nostro albero genealogico) e si avranno i risultati nel giro di qualche mese”.

Oggi, nel mondo, tre team scientifici stanno lavorando in modo complementare a importanti progetti sulla FAHN. Il loro lavoro è essenziale per capire in che modo la malattia danneggia le cellule del cervello e del midollo spinale, e poter quindi tentare di sviluppare una terapia. I ricercatori stanno mettendo alla prova le loro idee basandosi su modelli animali di malattia (in questo caso moscerini della frutta) e su cellule umane cresciute a partire da un minuscolo campione di pelle. Questi modelli sono usati per indagare le fonti cellulari di danno e per testare dei composti in grado di mitigare, prevenire o semplicemente attenuare quel danno. Il dr. Ody Sibon, nei Paesi Bassi, sta creando un nuovo modello di FAHN con i moscerini della frutta, mentre la dr.ssa Susan Hayflick, nell’Oregon, utilizza cellule umane di persone affette.

Ma per essere pronti a testare qualsiasi molecola candidata, gli scienziati hanno bisogno di conoscere la storia naturale della malattia, ovvero come essa progredisce senza alcun intervento. La dr.ssa Sunita Venkateswaran di Ottawa si occupa di ciò, preparando la comunità FAHN per i test clinici, una volta che ci sarà un farmaco candidato. Questa triade di studi promette di far progredire significativamente la comprensione della patologia, ma è solo un inizio: si tratta di progetti pilota che richiederanno finanziamenti a lungo termine per portare avanti le fasi successive. Per discutere della malattia e di questi studi è nato un gruppo Facebook.

Anche Natale e Maria Chiara prenderanno parte al progetto che riguarda la storia naturale della malattia, fornendo tutti i dati che gli verranno richiesti. I genitori, Antonio Alvaro e sua moglie, sono sempre stati molto generosi: collaborano con le associazioni AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica) e A.I.Vi.P.S. (Associazione Italiana Vivere la Paraparesi Spastica Onlus) e cercano di aiutare le altre famiglie che si trovano nella stessa situazione. Anche la partecipazione allo studio è un atto di generosità: “Siamo a disposizione della ricerca, non possiamo sottrarci”, dice Antonio Alvaro. Non lo fa perché spera che la scienza sviluppi un farmaco capace di curare i suoi figli: sa che i tempi saranno molto lunghi, ma sa anche che è la cosa giusta da fare, e che la sua fiducia nella ricerca potrà cambiare la vita – si spera il prima possibile – ad altri bambini.

Fonte OMAR Osservatorio Malattie Rare